QUASIEDEN – Piermario Dorigatti, Adriano Moneghetti e Leo Ragno
Mostra collettiva a Milano
Opening 12 ottobre ore18-21
Dal 25 settembre al 24 ottobre 2024
(mercoledì e venerdì h11-19 e dal martedì al venerdì h14-19)
A cura di Claudia Ponzi
Testi critici di Antonella Mazza
Tre artisti autentici.
Tre formazioni, tre tradizioni, tre scuole di pensiero.
Tre amici che insegnano nella stessa Accademia: Brera.
QuasiEden è il territorio comune, dove le loro diverse espressioni, tra l’incisione, il disegno e la pittura, trovano uno spazio condiviso, con sentita stima e amicizia reciproca.
P, 2023, 1/5
Carta Graphia 300gr
Piermario Dorigatti nato a Trento nel 1954, studia all’Accademia di Brera, dove è docente di Tecniche dell’Incisione.
Artista autorevole, innamorato della pittura e dell’incisione, alimenta la sua ‘furia creativa’ con una ricerca quotidiana.
La sua prima formazione avviene con uno ‘scultore contro’, Mauro De Carli, trentino poco compiacente verso il sistema dell’arte, che affermava: “Rivendico con forza il ruolo dell’individuo, dell’essere artista, che deve riconquistare autonomia riappropriandosi degli strumenti intellettuali che lo rendono unico e libero, svincolato da qualsiasi ‘sistema’. Per ridare agli autori il ruolo di ‘protagonisti’, così l’arte tornerà a guidare gli spiriti”. Parole che potrebbe aver pronunciato Piermario, artista colto e indipendente, genuino pittore irrimediabilmente pittore, uomo libero. “Per me fare il pittore è come mettersi una tonaca o una divisa: sento che lo devo assolutamente fare.
È una fede per me dipingere, è un immenso atto d’amore.”
L’incontro memorabile con il gruppo CoBrA a 13 anni, grazie ad un libro illustrato trovato in casa, fa nascere in lui l’impulso del disegno, che non lo lascerà mai più. Il suo grande immaginario ci mostra un panorama culturale molto ampio, la sua pittura arriva dal neoespressionismo tedesco, Georg Baselitz e dall’espressionismo astratto americano, Willem de Kooning, Arshile Gorky.
I suoi lavori sono gestuali, immediati, il disegno ingoia lo spazio, le sue incisioni sono gremite da strati di figure che si liquefanno l’una dentro l’altra in libere associazioni. La sua è una passione viscerale, necessaria, imprescindibile, che corrompe la forma, mettendola in discussione fino allo sconfinamento nel sogno.
Il suo non-linguaggio così personale fa apparire presenze biomorfe in continuo divenire. Un Eden superaffollato, una grande Eva col suo serpente, figure che emergono quasi indecifrabili, pulsanti, magnetiche, pronte a stabilire un dialogo col nostro più profondo sentire.
Mela, 2024 1/6
Foglio cm50x35
Carta Pescia 315g
Adriano Moneghetti nato a Milano nel 1974, studia all’Accademia di Brera, dove è docente di Grafica d’Arte.
Le sue stampe, realizzate con la tecnica della xilografia policroma, ci regalano la bellezza del quotidiano. Cassette di mandarini, finocchi, cavolfiori, carote, melanzane, un torso di mela addentato da una QuasiEva. Tutti resi con un tratto molto personale, un linguaggio indispensabile, un’inconfondibile cifra stilistica piena di naturalezza, rigore e ironia. È un erbario post pop. Le sue energiche incisioni fanno pensare alle astratte incisioni su legno dell’americano Roy Lichtenstein dei primi anni ’80: “Apple and Lemon ( from Seven Apple Woodcuts)”. Adriano agisce con la stessa forza, le sue incisioni mantengono una forte energia espressiva che nasce dalla pop art mista a Otto Dix e Morandi. Di recente lavora a stampe policrome prevalentemente ricavate da matrici di legno di filo, cioè con blocchi ricavati intagliando il legno lungo le venature, e anche con impiallacciatura e linoleum, il preferito da Picasso. La sua intenzionalità estetica si concentra su pochi soggetti definiti, ne approfondisce il ritmo, i contorni, fino a farli diventare solenni archetipi del nostro vivere quotidiano. Bisogna “lasciarsi commuovere dalle banalità” dice Adriano. Perché c’è qualcosa di magico in ogni oggetto, sta all’artista trovarlo e farlo emergere attraverso il lavoro e le complicate tecniche dell’incisione.
“Il traguardo è che tutto appaia fresco e spontaneo, semplice. E la semplicità è parecchio difficile. L’importante è riuscire a non prendersi mai troppo sul serio.”
A lonely body, 2021
Olio su tela
cm45x35
Leo Ragno nato a Milano nel 1984, si forma all’Accademia di Belle Arti di Foggia, insegna Tecniche dell’Incisione e Grafica d’Arte all’Accademia di Brera.
I suoi studi della figura umana sono rappresentazioni della memoria, elaborazioni di ricordi. Il suo rosa porpora in tutte le sue sfumature è il colore emotivo che da il calore adeguato all’intimità del ricordo.
“Con il rosa ho creato il mio mondo” ci dice Leo.
I bei ritratti di fanciulli ricordano i volti sensuali di Paul P. artista visivo canadese, nato nel ’77 a Toronto, che traspone nella sua sognante pittura contemporanea John Singer Sargent e James Abbott McNeill Whistler.
In più Leo, nel rappresentare i suoi nudi dall’eros delicato, pensa alle fantasia oniriche, visionarie, di Odilon Redon, alla pittura liquida di Eugène Carrière, alle sculture non finite di Medardo Rosso, alle immagini crude e solitarie di Francis Bacon e soprattutto alla carnalità di Lucian Freud, che nobilita con la delicatezza del suo tratto.
Le sue figure sono dipinte e poi cancellate, in un processo di distruzione e costruzione continua: “tolgo e aggiungo, continuamente” ci confida.
Il risultato è una pittura rarefatta, silenziosa, evanescente, sbiadita, offuscata, molto poetica, QuasiEden.
Col suo garbo Leo ci regala momenti delicati, episodi lenti, che ci invitano a riconoscere e a capire meglio noi stessi.