BIANCO

Opening 4 novembre 2025 dalle 15 alle 21
gli artisti saranno presenti dalle 18 alle 21

Dal 4 fino al 26 novembre 2025

Artisti: Daniele Nitti Sotres, Pietro Capogrosso, Antonio Pizzolante, Paola Fonticoli, Simonetta Ferrante, Nadia Galbiati, Saverio Tonoli, Alessandra la Marca, Sara Montani, Mauro Valsecchi, Gio Manzoni

Mostra a cura di Claudia Ponzi

Testo critico di Michela Ongaretti



BIANCO

Per qualcuno è assenza di colori, uno spazio vuoto, immacolato.
Eppure per chi crea, e per chi vive, il bianco offre tutto, in potenza. La pagina, la tela bianca possono spaventare ma quando la si inizia a vedere come possibilità (e libertà) è spazio che respira, che richiede un dialogo osmotico con le idee che si stanno materializzando.
Difficile da trovare in natura un bianco assoluto, e se entrare in gioco è infrangere la sua purezza, è con il suo ideale luminoso che segno e linguaggio continuano a rapportarsi, in ogni opera umana. Possono prevalere altri colori, ma affinché si possa fare letteralmente chiarezza in un discorso artistico, carico di pienezza soggettiva, bisogna fare i conti con la leggerezza del vuoto. Altrimenti non può esistere definizione di forma, l’apparizione non può realizzarsi nella nostra percezione. 
Per alcuni degli undici artisti coinvolti il bianco è una componente fondante della propria ricerca, mentre ad altri abbiamo chiesto di amplificare la sua portata. Il nostro desiderio è stato quello di creare una mostra nella quale il colore bianco offra una luce morbida alle linee compositive, accogliendo il suo candore come invito all’apertura verso ciò che ancora deve accadere. Per ciò che aspetta un nostro segno, una nuova epifania nella dolcezza ovattata dell’incontro di racconti, di geometrie, di memorie, come quando una mattina d’inverno un bambino scopre la neve, e sogna di affondare nella sua soffice coltre lasciando orme, in un’atmosfera magica e silenziosa.
Del bianco cercano una sensazione  Per questo sono tutti amanti corrisposti della materia con cui lavorano. Cercano di porre domande amorevoli alla materia con cui lavorano, che sia resa scultorea o bidimensionale. Si vede nella pratica di Daniele Nitti Sotres (Milano, 1977), instancabile sperimentatore che studia ed evidenzia le varie sfaccettature dei materiali, interrogando le loro fasi trasformative, come un alchimista alla ricerca della quintessenza. Nelle Scarnificazioniin mostra affida alla carta, idealmente e storicamente spazio eburneo, una risposta poetica inedita, mentre apre la sua profondità a geografie tattili  e nuovi scenari di senso.
Pietro Capogrosso (Trani,1977) inganna i pregiudizi sul bianco, che lo vogliono freddo. Una semplice montagna di sale diventa emblema di un mondo silenzioso e rarefatto. Come quando si guarda direttamente verso la luce, e gli oggetti a distanza appaiono tremolanti, il paesaggio lunare delle saline pugliesi è rifugio dal tempo veloce dei giorni. Nella lentezza di memorie così vivide da sfuocarsi in velature cromatiche.
Anche per Antonio Pizzolante (Lecce, 1958) da tempo nel tono latteo si ridestano luoghi dell’anima. Dopo anni dedicati alla scultura oggi porta avanti un lavoro delicato di “sconfinamenti” e sovrapposizioni compositivi, dove l’indagine sulla contaminazione tra le textures dei suoi collages richiama uno stato interiore di equilibrio meditativo. Materie ora porose ora lucide si ricongiungono e trovano dimora in un equilibrio lirico, vibrante anche senza suono.
Paola Fonticoli (Torino, 1961) sollecita la carta candida con tagli che disegnano ombre, affiorando dal fondo alla superficie. Attraverso un gioco tra bianco e nero le sue geometrice cercano equilibrio nella ricongiunzione lineare, un filo sottile che accompagna la curvatura dei fogli e costruisce morbide forme nel contrappunto quasi tridimensionale. Si è pervasi da un senso di benessere nell’armonia cromatica e compositiva concertata dall’ essenzialità. 
Sempre con la carta si confronta la calligrafia asemica di Simonetta Ferrante (Milano, 1930). Una carriera lunghissima vede l’artista confrontarsi con la grafica d’arte, la pittura, fino all’incontro con la libera espressione attraverso l’uso di caratteri. Con questi crea un linguaggio personale nella vitalità dinamica del segno. Se l’apparizione di questa scrittura astratta diventa emozione misteriosa nel contrasto cromatico col supporto, in esposizione pure vediamo l’esperimento raffinatissimo della stampa a rilievo, un ricamo niveo, delicato come una frase sussurrata.
Il bianco ha una funzione precisa nella modulazione delle composizioni geometriche astratte di Nadia Galbiati (Milano, 1975). Per la scultrice è un colore “concreto” che riesce ad enfatizzare volumi, e che opera come una materia. Elemento neutro e primario, se nella formazione dell’opera non reca un portato simbolico, osservarlo accanto alle lamiere incise a morsura significa ricondurre la sua luminosità assoluta ad un attraversamento diurno tra architetture urbane, ad un mezzogiorno di ombre metafisiche sulle facciate.
Saverio Tonoli (Lucca, 1984) interessa la qualità pittorica della luce. Dopo aver lavorato con la fotografia analogica, continua ad esplorare i limiti fisici del materiale fotosensibile, la sua pittura amplifica la portata espressiva della propagazione di macchie colorate. Il suo bianco è opalescente nella piccola scultura che pare racchiudersi su sé stessa, avvicinando la trasparenza alla delicatezza di aloni azzurri che emergono come fragilità, soprattutto simboliche, di una sovraesposizione.
Alessandra la Marca (Potenza, 1998) affianca sempre un dipinto ad una composizione poetica, ulteriore suggerimento per la lettura dell’immagine. Da delicate nuances sono connotati i suoi licheni, soggetti della ricerca che osserva la coesione tra le specie come resilienza. La loro parte generativa è immersa nel bianco, con striature chiare in punti vitali perché per l’artista la sua purezza simboleggia un principio originario in cui si fonde l’armonia dell’intero spettro cromatico, è luce che promette nuova vita.   
Lo sguardo di Sara Montani (Milano, 1951) da sempre si rivolge alla memoria personale e collettiva, alla trasmissione di conoscenza intergenerazionale. Maestra di tecniche incisorie, sperimenta innesti pluridisciplinari come nell’opera esposta, che restituisce nel candore del soggetto “l’impressione” di un abitino realizzato a crochet. Parlando la lingua della creazione mediante il filo da ricamo, il monoprint bianco materializza un vissuto storico femminile, oggi per noi denso di ombre. 
Per chi trova tra gli oggetti del quotidiano una visione in lingua poetica come Mauro Valsecchi (Milano, 1992), l’apparizione paradigmatica del bianco è un cigno, simbolo di purezza e grazia. Ma cosa accade se si rovescia la sua rappresentazione? L’attenzione verte più sul processo realizzativo mettendo in discussione il soggetto: quella forma altro non è che una proiezione dell’umano che cerca conferme oltre la propria espressione. Il gesto schietto vince, su ogni modello. 
Infine Gio Manzoni (Cochabamba, 1979) ci porta in un luogo lontano, metafisico. Una distesa lucida di sale riflette una presenza rendendola quasi apparizione spirituale. il Salar de Uyuni in Bolivia è bianco infinito, cielo senza confini che avvolge un Narciso dei nostri giorni nell’atto di specchiarsi per interrogare la propria identità, evocare le proprie origini. Ulteriori trasparenze sono accompagnate dall’uso di carte oleate sottili che rivelano dettagli ora dintidi ora in dissolvenza.