Fuoco Opencall

NOTE A MARGINE PER FUOCO OPEN CALL
Orsara di Puglia Latitudine: 41.2827, Longitudine: 15.2653
41° 16′ 58″ Nord, 15° 15′ 55″ Est zona altimetrica : montagna interna
Provincia di Foggia, Monti Dauni Meridionali
Queste sono le principali informazioni per georefenziare il paese, dati inconfutabili che lo inquadrano in uno spazio preciso.
Per stabilirne l’origine storica, invece, non ci sono notizie certe se non a partire dall’XI secolo, quando l’insediamento più consistente si è aggregato attorno all’abbazia dell’Angelo.
Anche per definirne il toponimo sono in corso degli studi linguistici.
Questo alone di incertezza, relativo all’origine e alla storia del paese, si riflette anche sulla nascita dei Fuca Coste e Cocce Prijatorie, rito centenario che ha luogo nel paese il 1° Novembre, indubbiamente uno dei più importanti che caratterizza la vita di questa comunità. Si tratta di un rito che prevede l’accensione dei fuochi lungo le strade del paese, fuochi che illuminino la notte di Ognissanti e che permettano alle anime dei defunti di ritornare sulla terra, e di ristorarsi coi cibi lasciati sulla tavola domestica.
In questi anni la curiosità di indagare più approfonditamente l’origine e la funzione di questo rito ha spinto diversi studiosi a condurre delle ricerche, dal momento che fino ad ora le notizie derivavano soltanto da una trasmissione orale. Studiosi locali come il prof. Michele Lepore, il prof. Giuseppe Zurlo, il prof. Mario Cocca, il parroco della comunità don Rocco Malatacca e la prof.ssa Concetta Terlizzi, si sono avvicendati, in anni recenti, a svolgere ricerche in merito all’origine del rito, all’etimologia della parola e al significato dei simboli adottati durante questo rito per comprenderlo più a fondo ed esaminarne le radici. 
– Il professor Michele Lepore, ad esempio, colloca l’origine del rito nell’ area greca e in quella bizantina e propone un’etimologia per la parola Fucacoste che deriverebbe dai termini Φλογεος “fiammante, ardente” e ακουστος “udibile, da udirsi”. Questo probabilmente perché nei falò che si accendono il 1° Novembre in onore delle anime del Purgatorio, arde anche la ginestra, arbusto tipico di questa zona di montagna, la cui combustione provoca uno scoppiettio. Il Fucacoste è quindi una fiamma che si può ascoltare.
– Il professor Giuseppe Zurlo invece propone un’origine diversa. Scompone anch’egli la parola Fucacoste in due parti: la prima è <fuca>, dal latino focus e dunque fuoco; la seconda, <còste>, la fa derivare dal greco καυστα, dal verbo καιω, che significa “offerta per i morti”. Per cui il significato sarebbe <fuochi per bruciare offerte per i morti>. E le offerte non sono altro che i semplici prodotti della terra, come patate e cipolle che venivano poste sotto la cenere per la cottura.
– Altra ipotesi ancora è quella del professor Mario Cocca, il quale riporta l’origine del rito orsarese al mondo celtico. Infatti l’arrivo dei Celti in Italia è databile al IV sec d.C. e la loro penetrazione avviene gradualmente in tutta la penisola. La cultura popolare di questa etnia celebrava con dei fuochi, accesi la notte che precede il 1° Novembre, il passaggio dall’autunno all’inverno, e la Daunia, probabilmente influenzata dalla presenza di questa popolazione con la quale condivideva certamente una cultura contadina, deve aver preso da qui il ruolo centrale del fuoco. Inoltre, secondo J.G. Frazer,  Ognissanti era “il tempo dell’anno in cui si supponeva che le anime dei morti tornassero alle loro case per riscaldarsi al fuoco e ristorarsi con le vivande per loro imbandite dagli amorosi parenti in cucina o in sala da pranzo.”
– Don Rocco Malatacca suggerisce un’altra ipotesi ancora per spiegare l’origine e il significato del rito dei Fucacoste. Esso deriva dal modo in cui si svolgeva la processione condotta dalla confraternita che oggi prende il nome di Santa Maria delle Grazie, detta più comunemente dei Morti. Essa accompagna l’accensione dei fuochi durante la notte del 1° Novembre a Orsara. Le confraternite, molto diffuse in Puglia, avevano il compito di educare il popolo alla devozione e al suffragio e ad Orsara, la confraternita, regolamentata da uno statuto, è costituita da uomini incappucciati che anticamente attraversavano le vie del paese per la questua portando con loro dei grandi ceri. Essi ancora oggi durante la processione portano in mano una candela accesa. Dunque, questa processione “de’ Fuke à còste”, significherebbe “del fuoco a fianco”. 
– Infine la professoressa Concetta Terlizzi, fa un excursus sui tanti fuochi che da ottobre a marzo vengono accesi nella provincia di Foggia. Infatti, per la civiltà agricola pastorale, il fuoco è indiscusso protagonista di riti e usanze nel periodo che va dall’autunno all’inizio della primavera e l’accensione di un falò è per l’uomo un atavico rito di purificazione e consacrazione. Il perdurare di queste consuetudini è sicuramente legato ad un senso identitario di luoghi e popoli.

L’IMPORTANZA DEI RITI OGGI 
I riti possono considerarsi i fondamenti dell’appartenenza, ossia elementi che accomunano tra loro gli individui, costituendoli come collettività e la collettività avverte dei bisogni essenziali:
1- il bisogno di stabilire le proprie origini (dimensione fondativa); 
2- il bisogno di affermazione (dimensione del riconoscimento);
3- il bisogno di sancire, fare accettare e rispettare il sistema di norme e istituzioni proprio della collettività (dimensione della regolazione);
4- il bisogno di dare un senso alla propria esistenza (dimensione escatologica).
Ciascun rituale che appartiene alla tradizione di una collettività può, tuttavia, rispondere a funzioni che non si esauriscono in nessuna delle quattro indicate come peculiari, oppure può collocarsi a cavallo fra più tipi.
Il rito di Orsara è da inserire nel contesto della dimensione fondativa, alla quale si può aggiungere una matrice identitaria del rito stesso: la comunità, cioè, attraverso i Fucacoste, avverte un legame viscerale col proprio sistema di tradizione e di pratiche codificate, tramandate per lo più oralmente. 
Secondo il prof. Carlo De Rose, un’evocazione identitaria efficace si ottiene proprio attraverso i rituali che consolidano il sentimento di appartenenza attraverso i richiami alla storia della comunità.
Può trattarsi di rievocazioni simboliche o narrative che riguardano ora l’origine e il costituirsi della collettività, ora gli eventi che ne hanno segnato fortemente l‘esistenza o la trasformazione, ora un suo carattere socio-culturale distintivo. I rituali rievocativi assolvono al bisogno dei membri di una collettività di dare risposta alla domanda <chi siamo? > attraverso l’atto del fare memoria. 
Di fatti, l’accensione dei falò ad Orsara è anche un avere memoria dei defunti, di quelli che sono vissuti  prima e che hanno tramandato il rito e questa accensione dei falò concorre a costituire la cosiddetta “unità morale”, così come l’ha definita il sociologo Emile Durkheim. Infatti secondo lo studioso l’unità morale è l’effetto che suscita, nelle coscienze individuali, l’esperienza di partecipazione a rituali in cui si rendono manifesti non solo i legami “oggettivi” dell’appartenenza ad una collettività, ma anche e soprattutto la condivisione di uno stesso sistema simbolico.

FUOCO COME SIMBOLO
Alla costruzione dell’identità collettiva possono contribuire forme simbolico-espressive differenti, riconducibili sostanzialmente alla categoria del nome/emblema e a quella del rituale.
Il nome Fucacoste oggi rimanda in maniera diretta ad Orsara di Puglia e al suo rituale. 
Può invece, il logo creato per FUOCO open call, diventare simbolo identificativo?
Si può ambire a tanto? 
Non si tratta di destrutturare quanto c’è, ma piuttosto di implementare e di rendere accostabile una immagine ad un complesso sistema rituale.
L’etimologia della parola “simbolo”, d’altronde, fa riferimento a ciò che unisce. Συμβάλλω significa “mettere insieme” sia nel senso di stipulare un accordo, che di unire.

Il motivo stesso della residenza artistica multidisciplinare tenutasi ad Orsara – dal 30 ottobre al 2 novembre 2022 – è quello della contaminazione delle discipline audiovisive, fotografiche e grafiche con la comunità locale – attore principale – che ha permesso agli artisti selezionati di esser parte integrante e non spettatore del rito.
Il fine è quello di costruire un archivio digitale della tradizione dei Fucacoste.
Le figure ricercate e quelle che saranno cercate in futuro sono:
cacciatori di immagini
raccoglitori di video
allevatori di suoni
coltivatori di manipolazioni digitali
che vogliano confrontarsi sulla dicotomia di due categorie: da una parte il lavoro foto/video tradizionalmente legato al reportage, ma più sperimentale e meno vincolato agli schemi “classici”; dall’altra l’idea di usare i suoni per farne sperimentazione sonora e lasciare liberi i designer di sperimentare con le discipline grafiche.
Perché questa necessità? I Fucacoste sono un patrimonio immateriale, che va consegnato ai posteri, non più soltanto attraverso la forma orale ma anche attraverso immagini e suoni.
L’obiettivo è anche quello di incuriosire quanti vogliano avviare un processo di ricerca antropologica, cercando di avere una visione più chiara dell’evento.
La residenza è stata immaginata un po’ come il cammino dell’uomo che dalle forme pittoriche giunge all’alfabeto e dunque alla trasmissione scritta degli eventi.
Dunque, si parte dalle immagini e dai suoni (che articolati si fanno parola) per giungere (auspichiamo) a degli scritti tematici.

FESTA
Il 1° novembre di ogni anno va dunque in scena un evento tradizionale, che ha per Orsara di Puglia e per gli orsaresi un significato speciale. 
Nei giorni precedenti ci si adopera per la migliore riuscita possibile della festa organizzata e voluta per i morti, che con l’aiuto della comunità ascendono, secondo i racconti della tradizione, alla vita eterna e beata del Paradiso.
Le anime che dimorano nel Purgatorio hanno bisogno della comunità, per realizzare un importante e significativo evento, che consegnerà loro la vita eterna.
Il rituale della festa prevede l’accensione di falò in tutto il borgo, dal centro storico ai nuovi quartieri, che bruciano legna e ginestra.
Ad essi si affiancano le Cocce Priatorije: si tratta di zucche intagliate con un lumino acceso all’interno, che sebbene rimandino visivamente e a primo impatto ad Halloween, hanno qui tutt’altro valore. Non sono infatti elementi che devono incutere terrore, ma illuminare. 
In passato, esse erano caratterizzate da tratti antropomorfi, per permettere all’anima del familiare defunto di ritrovare la strada di casa, dove avrebbe trovato delle vivande, cucinate nella brace del fuoco, per ristorarlo.
Il filosofo Nicola Patruno, dà una lettura del concetto di festa che è decisamente aderente a quanto accade ad Orsara.
“La Festa è l’eterna ripetizione di un evento primigenio, accaduto in un tempo tanto profondo da essere impossibile da stabilire. È un tempo fuori dalla storia, prossimo all’eterno e che continua a riecheggiare negli abissi dell’umanità. È il mito, letteralmente la “parola vera”, a raccontare questo tempo primordiale, a delinearne i contorni, ad evocarne il suono originario.”
Ma “la festa è (anche) luogo ed evento di manifestazione comunitaria dell’arte”, e allora è necessario aprirla a nuovi sguardi e nuove interpretazioni.

Patrizio De Michele
fotografo e curatore dell’archivio Fuoco